L’intervista a Gary Marcus Judge: il coraggio di scegliere per rendere la vita una continua avventura meravigliosa.
- Giovanna Maria Depriori

- 27 ott
- Tempo di lettura: 17 min
“Perciò lascia stare il tuo passato, parti da dove sei. Fatti le domande. Cosa ti serve? E vai ad investire su te stesso, perché quando cambi le tue cose, vedi che tutto intorno a te cambia.”

Materiale fotografico fornito da Gary Marcus Judge
Scrivere questa intervista è stata per me un’esperienza intensa e profondamente coinvolgente. Mentre raccoglievo le parole di Gary, mi sono ritrovata a camminare con lui attraverso i suoi ricordi, le sue sfide e la sua rinascita. È stato come aprire una finestra su una vita fatta di coraggio e vulnerabilità, di scelte difficili e di una tenacia straordinaria.
Mi ha ricaricata, perché mi sono ritrovata molto nelle sue parole: nel coraggio di guardare il passato senza giudizio, nella forza di scegliere ogni giorno di cambiare, nella consapevolezza che la vita è davvero un dono da vivere con pienezza.
Non è stata solo la narrazione di un percorso personale, ma un vero e proprio viaggio emotivo che mi ha spinto a riflettere su cosa significhi davvero “cambiare”, sul peso del passato e sulla forza di reinventarsi.
Credo che questa intervista possa essere un invito per chi legge a guardare oltre le proprie paure, a trovare dentro di sé il coraggio di scegliere e a vivere la vita come una continua, meravigliosa avventura.
Indice dei contenuti
1-RADICI E ROTTE NELLA VITA: da dove entri non sarà da dove uscirai
Ciao Gary, benvenuto in questo spazio! È un onore per me confrontarmi con te in questa nostra prima intervista e, se sei d’accordo, partiamo subito e senza troppe premesse, perché la tua storia ha molto da raccontare.
Per inquadrare chi sei, partirei da due punti fondamentali: da dove sei partito e dove sei arrivato oggi.
Vuoi raccontarci dove e quando sei nato, da quale contesto vieni e chi sei oggi?
<<Ok, parto da chi sono oggi: sono una persona più sveglia. Questo posso dire. Sono un po' più consapevole, un po' più conscio delle cose che faccio oggi.
Dove sono nato? Sono nato in Inghilterra, a Watford, un piccolo paesino a nord di Londra da genitori anglo-indian. Un paesino da cui sono andato via molto piccolo e dove non sono mai tornato. Devo tornare. Infatti, dopo pochi mesi dalla mia nascita i miei genitori si separano, ed io e mio fratello, mio fratello aveva 2 anni, ed io bambino, 2 mesi, andiamo in India con mia mamma. La famiglia di mia mamma era di Bombay, che oggi si chiama Mumbai, e andiamo a vivere lì, con la sua famiglia: i due fratelli ed il papà. In un appartamento di 40 m² siamo arrivati anche noi: io, mio fratello, mia mamma; perciò, eravamo in sei a vivere in quello spazio. Ci era stato dato il balcone come spazio per dormire. Io, mia mamma, mio fratello ed un letto sul balcone, dormivamo là. E per i primi cinque anni in qualche modo sono vissuto in Bombay. Ero bambino, crescevo in un asilo nido con mio fratello vicino a me, mentre mia mamma lavorava.

Dopo i primi cinque anni però mia mamma era in difficoltà: lavorando tutto il giorno non aveva modo di seguirci, noi eravamo sempre abbandonati, soli, la sua famiglia era occupata con le sue cose. Così Lei, per proteggerci, ci mette in un orfanotrofio: io e mio fratello ci troviamo lontano, in un posto che si chiama Goa, un ex colony portoghese, in questo posto gestito dai frati, severissimi. Ci bastonavano tutti i giorni, non potevamo fare niente, vivevamo in questo orfanotrofio io e mio fratello con altri bambini. Abbiamo vissuto cinque anni in quell’orfanotrofio. Puoi immaginare come era. Stiamo parlando degli anni Settanta, non c'era niente, eravamo messi veramente male dal punto di vista della salute, l’acqua e il cibo non erano l’acqua e il cibo di oggi, 2025, erano condizioni molto povere. A dieci anni però mio papà manda tre biglietti aerei e chiede a mia mamma di tornare in Inghilterra. Io non sapevo niente, non sapevo di avere un padre e non sapevo nemmeno cosa vuol dire avere un padre. Lei mi fa vedere una foto e mi dice "Questo è tuo padre".
Padre? Cos'è un padre? Per me, mio fratello era mio padre. Non avevo mai visto un padre. Mia mamma in orfanotrofio veniva a trovarci ogni 3 o 4 mesi. Perciò non avevo nemmeno l’idea dell’amore. Conoscevo solo il senso di abbandono, ero abbandonato e questa cosa mi ha sempre seguito: la sensazione di essere abbandonato.
Anche oggi quando ricevo un rifiuto, lo vivo come un abbandono, mi fa veramente molto male, mi porta tanto dolore quando mi sento abbandonato. E lì, in Inghilterra, in quella situazione quando siamo arrivati, mi sentivo in quel posto lì, abbandonato, anche se mia mamma ci ha parcheggiato per il nostro bene. Ecco, questo è un po' dove sono adesso e da dove sono partito. Ok. Next question!>>
In mezzo c'è il tuo viaggio, in generale, non solo un viaggio fisico, ma un'evoluzione. Nel tuo libro “Libero di volare” ne racconti una buona parte. Ci racconti di esperienze che ti hanno portato da un lato all’altro del mondo, dell’importanza di affrontare con determinazione e coraggio sfide ed ostacoli della vita, e ci doni una speranza per costruire il nostro destino. Un libro in cui io mi sono ritrovata e riscoperta. Cosa ti ha insegnato questo viaggio?
<<Che la vita è un grande dono, è un grande gioco: da dove arrivi non è necessariamente da dove uscirai da questo universo.
Prendi la mia vita: da dove sono arrivato io e da dove andrò via? Io oggi vivo in Italia, lontanissimo da Watford dove sono nato, o dall’India dove ho passato i primi anni della mia vita, o da tutti quei posti dove ho vissuto quando ho fatto il marinaio per otto anni.
Dove andrò via da questo universo? Sarà un altro posto sicuramente. Inoltre, non necessariamente quello con cui entri in questo mondo sarà quello che avrai quando uscirai. Anche questa cosa è importante, questa è una grande speranza per tutti. Se uno guarda il suo ambiente, dove è in questo momento, lo può cambiare in qualsiasi momento. Se lavora su sé stesso.
Io, se penso al passato, al mio viaggio nella vita, vedo coraggio, avevo una -determination-, determinazione. A me piace prendere i rischi. Cioè io voglio l'avventura. Per me la vita è un'avventura, come un film. Se tu mi metti di fronte ad un bivio, dove da un lato c’è una strada che già conosco, che so che è sicura per arrivare a destinazione, mentre l’altra strada è sconosciuta, io prendo quella sconosciuta. Non so perché è più forte di me.
Quante volte mi sono perso in montagna nei miei cammini! Chissà quante volte il mio cane, che viene sempre con me in montagna (povero cane), vorrebbe dirmi andiamo a sinistra che conosciamo bene questa strada… ed invece no, Gary prende quella a destra, perché Gary ha voglia di conoscere. Io sono curioso. Tante volte ho sbagliato, eh, non sto dicendo che ho sempre scelto la via giusta. Non è solo in montagna, anche nel lavoro, anche nella vita, io sono così. E la mia storia, quello che trovi in quel libro, è una serie di esperienze che si susseguono grazie a questo mio modo di essere, dall’abbandono all’andare via, cercando adrenalina e avventura, sempre.>>
2-LA SVOLTA DI GARY: da imprenditore in corsa a uomo consapevole
Questa curiosità, questa continua voglia di esplorare non ti ha abbandonato nemmeno negli ultimi anni… Leggevo il racconto della tua storia all’interno del tuo sito (https://garymarcusjudge.com/ ) ed una cosa in particolare mi ha colpita: nel 2017, dopo oltre 25 anni di successo imprenditoriale, hai capito che stavi scalando la montagna sbagliata.
Hai investito otto anni in studio ed esplorazione di te, in un percorso di crescita personale, passando dalla mindfulness all’intelligenza emotiva, dal coaching alla programmazione neurolinguistica, fino a conoscere e sperimentare pratiche olistiche e spirituali, per arrivare ad una nuova missione. Mi racconti di più di questa esplorazione?
<<Sì, sì! È proprio quello che descrive il mio progetto attuale del 2025: è il BEwell. Il BEwell Journey, il viaggio. Pensa che il BEwell è iniziato con me nel 2017, quando la mia attività stava andando bene, cioè la famiglia era apposto con tre figli, stavo bene, io ero un piccolo imprenditore di successo, eravamo una famiglia benestante, non c'era niente che non andava... Ma era un automatic pilot, andavo avanti così. Non sapevo dove stavo andando, seguivo solo un giorno dopo l'altro, routine. Molto diverso rispetto a ciò che vivo oggi. Adesso sono pieno di energia, pieno di voglia, sempre, tutti i giorni sto facendo qualcosa!
Comunque torniamo a quel 2017, cosa succede? Faccio una conversazione con qualcuno, dico un qualcuno perché sono sincero, non mi ricordo chi era. Questo qualcuno mi dice “Cosa fai?”. Io: faccio l’imprenditore. Anche lui era un imprenditore, e mi chiede “che fatturato fai?”. Senza entrare nei dettagli gli racconto un po' di cose, molto orgoglioso dei risultati e lui mi dice “Ma no, cosa stai dicendo? Hai una piccola aziendina così, se vuoi un'azienda seria tu devi fatturare 1 milione.” Mi ha messo questo seme in testa, e allora, dato che ero sempre pronto per le sfide mi sono detto -Va bene, cosa deve fare per fare 1 milione? -. Prima devo fare formazione, devo capire come fare 1 milione, perché non avevo mai fatto 1 milione di euro in vita mia.
Allora vado ad un seminario a Roma di 3-4 giorni, si chiama Millionaire Mind, cioè la mentalità di un milionario. Vado e mi trovo in un enorme auditorium con 1.000 persone, tutti sconosciuti e tutti sono lì per fare i soldi, per capire come fare soldi. C'erano i formatori sul palco con la musica, con la luce. Wow, wow, wow, sono nel posto giusto. Faccio esercizi, rispondo a domande e prendo appunti su questo quaderno. Finito il corso prendo il volo e torno a Verona, anche perché avevo la mia azienda da seguire, avevo quasi 30 persone che lavoravano per la mia attività. Dopo qualche giorno, guardo gli appunti e vedo che non mi parlavano di soldi, mi parlavano di godere i rapporti, di restituire qualcosa di buono di tutto quello che avevo fino al 2017. Cose che non avevo mai pensato.

Io era uno che si considerava un sopravvissuto, un survivor. La vita mi aveva messo in un posto lontano, senza niente e io ho lottato per avere quello che avevo. Perciò io ero un survivor. Però tutti questi appunti che avevo scritto mi dicevano -tu devi restituire-. Tu hai avuto una bella vita. Tu devi restituire e adesso devi concentrarti anche sui rapporti. Tu non hai nessuno intorno a te, solo la tua famiglia, cioè moglie e figli, ma gli altri sono le persone con cui hai degli scambi solo per lavoro, per qualcosa in cambio.
Il messaggio mi era chiaro: devi connetterti, connect and contribute. Devi restituire. Questo era il messaggio.
Ma io sono solo un imprenditore, io sono Gary. Ma cosa posso sapere di più per restituire? Primo passo: vai a conoscere te stesso. Who are you? Sai, quelle domande a cui devi rispondere… eh, io sono Gary, sono il titolare di questa azienda, sono marito, avevo già tutte le mie etichette, però la domanda era molto più profonda, volevo sapere qualcosa in più.
Allora mi iscrivo ad un corso di life coaching perché volevo capire cos'è questa “life”, la vita e faccio una settimana di life coaching dove c'era un formatore che mi ha distrutto tutti i miei pensieri, tutti i miei “chi ero io”, che figo che sono, bla bla bla. Lui mi ha messo a nudo così. E io sono uscito dopo questa settimana pensando wow, io sono “limiting beliefes” (credenze limitanti), la rabbia, l’emozione, il mio interno, tutto. Ero come un bambino di nuovo a scuola con questo formatore davanti. Poi, dopo una settimana, ho capito che dovevo investire su me stesso e così ho iniziato a fare questi vari corsi che hai elencato di sviluppo personale.>>
E cosa ti hanno lasciato?
<<Cosa mi hanno lasciato? Mi hanno aperto gli occhi, mi hanno acceso una luce in una stanza buia.
Ho guardato intorno a me ed ero sempre nel buio. Non sapevo gestire le mie emozioni, avevo tutte le credenze dei miei genitori, di una mentalità povera, la mia comunicazione con l’altro era sempre carica di rabbia, cercavo sempre di sfruttare ogni situazione.
Mi sentivo una vittima perché non avevo niente, perché quando qualcuno mi diceva qualcosa io dicevo, ma io sono stato in un orfanotrofio per 5 anni, povero me. Cioè, avevo già la risposta per me stesso, perché giocavo così basso e tu non potevi dire nulla di diverso perché era vero. Però sono proprio quelle stesse cose che mi sono capitate nella vita che sono la mia energia di oggi.>>
3-QUATTRO PASSI PER UNA "PIENEZZA" AUTENTICA: come Gary ha preso in mano la sua vita - il metodo D.O.T.S.
Parliamo di chi sei oggi… Mindset Mastery Coach! Hai fondato il metodo D.O.T.S. ™, un approccio strutturato alla crescita personale che guida le persone attraverso quattro fasi fondamentali: Discovery (Scoprire nuove parti di sé), Ownership (Prendere il controllo della propria vita), Transformation (Cambiare e crescere), Self-Mastery (Diventare la versione migliore di sé stessi). Cosa ti ha portato a fondare questo metodo?
<<Il metodo è la mia vita. È proprio quel percorso. In quei momenti in cui sono seduto a riflettere con me stesso e ci penso, mi dico -Ma cos'è tutta questa cosa? Come mai improvvisamente tutto è cambiato. Cosa è successo? Perché non potevi continuare a vivere come avevi fatto fino al 2017?- La risposta è perché nel 2017 c’era solo automatic pilot! Io non c’ero, io non avevo niente da dire.
Qui esce il Discovery: quando ho scoperto qualcosa di me stesso, tramite i vari corsi, tramite i vari istruttori, i formatori, il life coaching, il business coaching, la Mindfulness, l’Emotion Intelligence, PNL. Ho scoperto che non ero nessuno perché non sapevo niente. Tutto quello che io sapevo era tutto un sapere di qualcun altro.
Cioè, io stavo vivendo una vita che era già costruita da qualcuno che mi aveva dato questa informazione.
Quando ho iniziato a fare questi corsi invece, ho trovato queste aperture, e ho iniziato a prendere “ownership” di questa cosa. Adesso è mia la vita. Ok, mi sono detto -Adesso tu sai- perché non potevo dire no, non è così. Una volta che tu sai, che sei consapevole, puoi scegliere di mettere in pratica o di far finta di niente. Io ho visto delle cose in quei corsi e potevo fare finta di niente o potevo dire quelle cose esistono.
Ok, mi sono detto -adesso tu sai questa cosa qua, ed il come eri prima può essere cambiato, può essere migliorato.- E così ho preso consapevolezza dei miei limiti, delle cose che non sapevo, delle mie emozioni, della mia rabbia, del mio modo di essere, di tutto. Ho iniziato a riflettere e a prendere responsabilità.
Ho pensato -queste sono le mie cose da ora in poi, dal 2017 in poi questo sono io. E adesso devo prendere in mano la situazione e la mia vita inizia, senza dare la colpa ai miei genitori, la colpa alla povertà o al non aver frequentato un college, al non aver avuto amore, al non aver avuto l'abbraccio, all’essere stato abbandonato.- Questo è quello che ho fatto, e questa parte sarebbe l’ownership, la seconda fase. Poi c’è Transformation: quando tu fai quelle cose poi tu cambi. Non potevo essere più il Gary del 2016 perché sapevo delle cose, avevo iniziato a mettere in pratica, dal mangiare, al dormire, al modo di parlare, a tutto quello che ne è seguito in questi anni passati. Quello è change, il cambiare, il transformation. E l'ultimo è Self-Mastery. Cos'è self mastery? Una volta che tu ti metti su quella strada non puoi tornare indietro. È un continuous learning. Io tutti i giorni faccio qualcosa, ma non perché c'è bisogno: lo faccio perché io voglio mantenermi sempre sul pezzo. Perciò ascolto un podcast, leggo qualcosa, guardo un video, faccio una conversazione come oggi con te, vado ad un ritiro. Questo si chiama self mastery perché non sei mai arrivato!

Ogni giorno si continua a crescere, a imparare qualcosa di diverso e di te stesso e questo è D O T S: il D.O.T.S. Method, per una vita vissuta in pienezza.>>
Di questo metodo c’è un altro elemento che mi affascina: tutte le attività, i workshop, le giornate esperienziali outdoor, le sessioni individuali e aziendali e i BEwell Talk™ sono condotte in inglese. Sei un promotore del bilinguismo per natura, ma come convincere chi ci legge (un pubblico prevalentemente italiano) a superare questo possibile ostacolo?
<<Certo, ci sto lavorando. Ovviamente quando dico che faremo tutto in inglese, le prime risposte sono spesso “vengo però non so niente di inglese”. Perciò sto lavorando, in questo momento di passaggio, per fare una cosa prevalentemente in italiano, ma senza perdere l'aspetto inglese. Perché io che sono cresciuto in Italia, sono qua da quasi 30 anni, ho visto crescere un Gary nuovo, un Gary italiano. Il Gary inglese è vissuto sempre sicuro con la sua lingua: se noi parliamo in inglese io mi sento più sicuro e tranquillo, perché riesco in qualche modo a gestire qualsiasi conversazione in inglese. Quando parlo in italiano invece sono molto più concentrato, anche molto pulito nell’esprimermi, perché i concetti devono essere spiegati bene, altrimenti tu dall’esterno dici "Eh, cosa sta dicendo questo qui?”. Quindi quando parlo in italiano, che non è la mia prima lingua, io sono molto più presente.
Quando tu parli una seconda lingua, tu metti più focus, più energia, più presenza in quel momento, perché tu non puoi essere distratto, altrimenti sbagli.
Io in questo momento non posso essere distratto. Se inizio a pensare a qualcosa e tu mi fai una domanda in italiano, io sono spacciato. Ti direi “cosa? Ripeti per favore.” Vedi che non siamo più connessi così. Quindi dato che il messaggio che mi sta arrivando da più fronti è che le attività devono essere in italiano, dico -bene, lo faremo in italiano così siamo tutti tranquilli, però l’inglese farà parte del percorso.- Ad esempio, faremo delle attività dove vediamo un video in inglese e tu mi dici quello che hai capito in italiano o in inglese, decidi tu cosa. Dobbiamo crescere tutti. La lingua inglese o italiana è solo un mezzo per andare oltre.>>
4-PASSIONI CHE NUTRONO:
il tennis e la montagna come vie di consapevolezza
Passiamo ad argomenti più leggeri: passioni e tempo libero. Quali sono gli ambiti in cui investi il tuo tempo?
<<La Passione adesso è il tennis. Io sono un tennista. Ho scoperto questo sport per caso, perché io prima giocavo a calcio, calcetto. Mi è capitato il tennis perché ho giocato un giorno con una mia zia che non trovava un avversario per allenarsi e così sono andato io, solo per correre un po’ e poi è diventato la mia passione.
E poi c’è un aspetto interessante del tennis: quando gioco a tennis sono sempre in osservazione. Mi chiedo cosa sta succedendo? Mi spiego meglio:
Quando entro in campo non sono solo, siamo in due, cioè io gioco contro me stesso, perché spesso è la voce interiore che mi sconfigge, non l'avversario davanti a me. È questa voce che continua a dirmi "Ma sei scarso, sei vecchio, non sai giocare. Ma cosa fai qua? Perché non vai a riposarti?”. Il tennis per me, quindi, non è solo uno sport, è proprio un modo di essere.
Tre, quattro volte a settimana io sono in campo con tantissimi giocatori. E da quando ho iniziato questo percorso di consapevolezza è un modo di giocare, ma giocare consapevole, cioè non solo per vincere, voglio giocare, voglio ringraziare se qualcuno veramente mi spinge al mio limite e dopo, anche se sbaglio, devo dire grazie perché non sapevo di essere in grado di arrivare a quel livello di tennis. E anche se magari ho perso, però so che ho giocato benissimo, cioè cerco questo tipo di rapporto. Non cerco un giocatore scadente perché così posso vincere e dire sono figo. Quello era il Gary del passato. Dammi il cadavere che io devo vincere adesso. No, non più.
L’altra mia passione è la montagna. Ho scoperto la montagna qui in Veneto. Abito vicino alla Lessinia.

Come imprenditore io non prendevo mai una un giorno di vacanza, solo quando l'attività era chiusa, ma per il resto era impossibile per me trovare un giorno durante la settimana libero senza sentirmi in colpa. Prendevo ogni tanto il mio compleanno, una volta all'anno. Una volta all'anno mi concedevo questo enorme regalo. Piano piano mi sono detto: ma anziché una volta all'anno, prenditi una volta al mese, prenditi un giorno al mese durante la settimana, un mercoledì. Dopo ho detto "Oh, ma perché non ne prendi uno alla settimana?". Il mercoledì, sempre il mercoledì e ho lottato per tenere quel giorno libero, niente appuntamenti, non c'ero, non rispondevo al telefono. Tutti volevano quel giorno improvvisamente, e io ho detto no il mercoledì sono occupato.
E così ho iniziato ad andare in montagna ogni settimana trovando la pace lontano dal traffico, lontano dall'inquinamento del rumore. Io con il mio cane e passiamo la giornata camminando da soli. È un modo anche di ricaricarmi e trovare risposte. Per esempio, io ho sempre troppe idee per la testa, ma quando vado lì c'è chiarezza. Quando scendo dalla montagna so se c'è qualcosa da fare o se c'è qualcosa da non fare.
A volte scendendo dico "No, io adesso non faccio niente, aspetto". Perché quando sei in ufficio, quando stai lavorando, c'è sempre questa urgenza, fai, fai, fai, e non hai tempo a volte di riflettere. Invece quel giorno lì mi dà tutto il tempo per dire "Ok, non c'è niente da fare, aspetti il momento giusto, questo non è quello giusto.”>>
5-IL CONSIGLIO: Don't let your past define your present or future
Ultima domanda, quella che ritengo la più importante nei miei ritratti (le interviste): quale è il miglior consiglio che ti senti di lasciare a chi leggerà fino alla fine questa intervista?
<< Don't let your past define your present or future. Quello che facevo io, il mio passato era il mio presente, però quando ho capito che non era così tutto è cambiato. Cioè, noi possiamo cambiare le cose nel presente. Se noi cambiamo il presente, cambiamo anche il passato. Perché se io posso essere diverso, migliore, vuol dire che c'è stato un lavoro, vuol dire che mi sto trasformando e sto andando bene.
Perciò lascia stare il tuo passato, parti da dove sei. Fatti le domande. Cosa ti serve? E vai ad investire su te stesso, perché quando cambi le tue cose, vedi che tutto intorno a te cambia.>>
C’è altro che vuoi dirmi?

<<Si, che la vita è breve, ma è bella, è bellissima.
Non viviamo con l’automatic pilot, perché la morte, diciamo, la fine, arriverà, ma finché possiamo, perché non ci godiamo la partita? La partita finirà. Intanto godiamo di tutte le cose, anche delle semplicità, di un caffè, un gelato, una passeggiata, non necessariamente grandi macchine, grandi vacanze. Non è necessario, è anche dalla semplicità di un piatto di pasta pomodoro con basilico che si trova gioia. Sembra niente, no?
Andiamo in giro cercando chissà cosa, ma una pasta al pomodoro e basilico fatta bene, una cosa semplice così, veramente ti fa sentire che la vita è semplice. Dobbiamo solo avere un po' di spazio, presenza, tempo.
Rallentiamo un poco perché siamo sempre di corsa. Rallentiamo un attimo e vediamo cosa succede. E stiamo anche nel discomfort perché lì sicuramente verrà fuori la noia, il senso di colpa perché devi fare qualcosa. Allora osservati e cerca di capire perché ti senti così. Self reflection.>>
Direi che per me la possiamo concludere così, con questa bellissima riflessione finale.
<<Grazie, è sempre un piacere condividere. Ognuno di noi ha le sue storie e questo è bello. Ognuno può anche scrivere un libro, ognuno può condividere questa vita perché siamo unici, non siamo in conflitto, in competizione, perché tu sei Giovanna, io sono Gary, possiamo copiare qualcosina da altri, però alla fine l'essenza è che siamo unici. Siamo diversi e questa cosa viene fuori quando lavoriamo su di noi e quando parliamo con le persone. Quando ci confrontiamo senza paura, quando cerchiamo di conoscerci, andando dentro, in profondità, esce la vera essenza di noi stessi.>>
BIOGRAFIA di Gary Marcus Judge
Gary Marcus Judge, nasce a Watford in Inghilterra (classe 1964).
Dopo pochi mesi dalla sua nascita è costretto a trasferirsi in India, a Mumbai, dove passa i primi 5 anni con la madre e 5 anni in un orfanotrofio a Goa (India). A 10 anni la sua famiglia si ricongiunge in Inghilterra e da lì inizia la sua avventura personale. Studia finché deve, ma appena possibile cerca una strada per diventare autonomo tramite diverse esperienze che lo portano in giro per il mondo.

Arriva in Italia e nel 1998 dopo diversi lavori apre la Green School Srl, una scuola di inglese che gestisce e sviluppa per oltre 25 anni.
Nel mentre, nel 2017 intraprende un viaggio di crescita personale che passando dalla mindfulness all’intelligenza emotiva, dal coaching alla programmazione neurolinguistica, fino a conoscere e sperimentare pratiche olistiche e spirituali lo porta a definire la sua nuova missione di vita: aiutare persone, professionisti e imprenditori a ritrovare equilibrio, consapevolezza e presenza, eliminando il "pilota automatico" delle emozioni che condizionano inconsciamente le scelte e l’agire quotidiano. Nel 2021 pubblica il suo primo romanzo: “Libero di Volare”.
Oggi si occupa di aiutare persone, professionisti e imprenditori a ritrovare equilibrio e consapevolezza, eliminando il “pilota automatico” che condiziona l’agire quotidiano.
Disclaimer
Il contenuto di questa intervista riflette esclusivamente le opinioni e le esperienze personali di Gary Marcus Judge. Le informazioni fornite sono a scopo informativo e divulgativo e non costituiscono consulenza professionale, medica, legale o di altro tipo. Eventuali citazioni di metodi, marchi, pratiche o strumenti presenti nel testo non devono essere interpretate come pubblicità: l’intento è la condivisione dell’esperienza vissuta dal protagonista dell’intervista.






